Vogliamo il pane, ma anche le rose: la Giornata internazionale della Donna si avvicina

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“Vogliamo il pane e anche le rose”: così manifestarono moltissime operaie socialiste nel 1912 a Lawrence, scioperando al grido di questo slogan. Si potrebbe dire lo stesso oggi, a più di 100 anni di distanza: le donne vogliono il pane, perché è un diritto, ma anche le rose, perché…sono un diritto anche i piaceri.
La giornata internazionale della donna ha poco a che fare con spogliarelli e cioccolatini, almeno in origine, ma ognuna, oggi, la festeggia come meglio ritiene: le origini di questa giornata risalgono al 1907, data in cui si tenne il VII Congresso della II Internazionale Socialista a Stoccarda. Se vi state chiedendo come si sia poi giunti all’istituzione di una vera a propria giornata in onore della donna, dovete sapere che la politica e la guerra sono decisamente fondamentali per questa ricorrenza: si parla di scioperi, di manifestazioni, di molle che fanno scattare le rivoluzioni.
Certo, con la fine della Guerra Fredda, la caduta del Muro di Berlino e l’isolamento del Comunismo, la festività ha perso l’originale contenuto: le donne come seme di rivolta per la parità e l’uguaglianza, non solo delle donne, ma delle giuste istanze di rivendicazione del popolo.

È per questa ragione che la festività è importante: regalare un fiore a una donna perché seme di rivolta, perché atto di ribellione, perché capace di sovvertire gli Stati e di portare uguaglianza. Questo il senso della festività. Non importa che nel corso del ‘900 si siano create versioni alternative della nascita di questa festività, meno politicamente connotate, non importa la fantasia che ha creato incendi in fabbriche tessili inesistenti (la Cotton, o Cottons, infatti, a New York non è mai esistita, quindi nemmeno l’incendio che ha tolto la vita a centinaia di operaie al suo interno: tutte bufale).

Regalare un fiore a una donna, per la festa delle donne, come fosse un sospiro di rivoluzione, perché l’unione fa la forza, perché riconosciamo il valore del femminile non solo nelle faccende di tutti i giorni, ma anche come colore di coraggio. Regalare un fiore a una donna, anche se si è donne: non deve essere necessariamente un gesto del genere maschile verso quello femminile, dovrebbe essere un segno distintivo della nostra capacità di riconoscere un valore importante.
Non tutti possiamo essere Rosa Luxemburg, ovviamente, ma tutti possiamo anelare a quella forza, a quelle spalle, a quel coraggio.
Regalare un fiore a una donna per riconoscere quanto ancora possiamo salvare.

Riscoprire il vero significato di questa ricorrenza potrebbe essere salvifico, festeggiarla come dovrebbe essere festeggiata, senza infingimenti, senza paternalismi, dovrebbe essere doveroso.
Soprattutto in una società con un gender gap ancora così difficile da abbattere, in cui le donne prendono un terzo di salario in meno rispetto a parigrado uomini: non si tratta di regalare un fiore per galanteria, o almeno non per semplice galanteria, ma per riconoscenza, per lotta, per il pane e, appunto, per le rose.
“Vogliamo il pane, ma anche le rose”: c’è anche un meraviglioso canto di Judy Collins, che inizia così: “As we go marching, marching In the beauty of the day A million darkened kitchens A thousand mill lofts grey”. E noi, marciamo.