La Camellia Sinensis, la pianta del tè, è una pianta ben nota fin dall’antichità e che le popolazioni orientali prima e, soprattutto, i colonizzatori inglesi poi provarono a sfruttare a scopo economico. Per i Paesi maggiori produttori di tè – e, oltre alla Cina, nell’elenco rientrano certamente l’India, il Giappone, il Vietnam, lo Sri Lanka, eccetera – le piantagioni hanno rappresentato, cioè, in passato, e nella maggior parte dei casi rappresentano ancora adesso, una delle maggiori fonti di introiti. C’è però una differenza, percepibile anche al gusto, tra il tè proveniente dalla Cina per esempio e il tè proveniente invece da Paesi dell’Africa come il Kenya o, persino, dalle piantagioni italiane di tè?
Cosa c’è da sapere sulle coltivazioni di tè (biologico) nel mondo
Come per ogni tipo di coltivazione, numerosi fattori incidono sulla buona resa delle piante da tè: dal clima all’abbondanza delle piogge, passando inevitabilmente per una serie di aspetti culturali o di organizzazione del lavoro. È impensabile insomma che, qualunque sia la latitudine a cui è coltivato, il tè finisca per avere in tazza lo stesso sapore.
Essendo la Camellia Sinensis, soprattutto, un arbusto delicato – che mal sopporta, per esempio, le temperature troppo basse, al di sotto dei 10°, o troppo alte, al di sopra dei 30°, e che ha bisogno di un giusto livello di umidità, cosa che rende le piantagioni del tè ideali al clima tropicale o subtropicale – ogni Paese coltivatore ha sperimentato nel tempo con tempi e modalità di raccolta del tè propri. Semplificando molto, insomma, dalle diverse piantagioni di tè sparse per il mondo provengono oggi varietà di tè differenti. Dall’India arrivano, per esempio, soprattutto varietà di tè coltivate ad alta quota come il tè nero Darjeeling, coltivato a 1800 metri sul livello del mare ai piedi dell’Himalaya, e il tè Assam, coltivato sulle rive di un fiume di montagna. Il Giappone, invece, produce ed è tra i maggiori esportatori solo di tè verde: le piantagioni giapponesi sono piuttosto caratteristiche anche alla vista, dal momento che sono organizzate in bassi cespugli dalla forma regolare e concentrate soprattutto sulle sponde di laghi e fiumi. Ancora, in paesi come il Kenya, le alte temperature e il fatto che la raccolta di tè avvenga in tutti i mesi dell’anno fanno sì che siano soprattutto le lavorazioni subite dalle foglie di tè a determinarne il sapore.
Oggi molti produttori di tè i cui prodotti si trovano anche nella grande distribuzione, come Cupper, sono produttori di tè biologico. Dalle coltivazioni organiche provengono molte varietà di tè diverse, incluso per esempio il pregiato tè bianco, e ciò che le distingue è essenzialmente il mancato uso di pesticidi o di altre sostanze chimiche per aumentare la resa delle piantagioni. Naturalmente ciò si traduce in una bevanda calda dal sapore più intenso, che mantiene inalterate le proprietà organolettiche e benefiche per il corpo per cui il tè è da sempre conosciuto come una bevanda divina. Il tè biologico, però, è soprattutto un tè più rispettoso dell’ambiente e sostenibile anche da un punto di vista di diritti dei lavoratori: semplificando molto, infatti, le sue piantagioni inquinano meno, sprecano meno acqua e intaccano meno le falde acquifere, oltre a impegnarsi a garantire condizioni contrattuali e lavorative adeguate ai coltivatori.